Fonte: BergamoSette, di Marcello Saponaro - 2 maggio 2008
E' partita a Bergamo una campagna della diocesi contro le aperture domenicali dei negozi. Una campagna forse legittima. L'esigenza è giusta, pone (con forza) il tema dei tempi di vita, della vivibilità e del tempo libero. Ma è una campagna, a mio avviso, sbagliata. "Senza la domenica non possiamo vivere" è lo slogan scelto dalla curia che ha preso di mira la legge regionale sugli orari dei negozi, "colpevole" - tra le altre cose – d'aver aumentato il numero delle aperture domenicali. A dire la verità, l'aumento delle domeniche di apertura è solo una delle tante novità della legge, che estende anche gli orari di apertura serale.
Ma partiamo dalla pietra dello scandalo, ovvero le domeniche di shopping, che dalle 8 di prima sono diventate 17 in un anno per le attività del centro. A queste si aggiungono altre 10 aperture domenicali nei capoluoghi di provincia e per gli outlet. Apertura totale è consentita solamente ai Centri Commerciali nei Comuni sede di aeroporti. La Legge non è una buona legge. Sono d'accordo con la Diocesi su questo. E' una legge discriminatoria che privilegia i Centri Commerciali. E con ciò rischia di uccidere il piccolo e medio commercio. Ma abolire i privilegi, come vorrei io, non significa sognare una società che non c'è più. E che non è neppure tanto desiderabile. La società è cambiata, le sue esigenze anche. La popolazione di lavoratori è sempre più composta da "atipici", flessibili, cocopro e freelance. Persone che hanno orari e ritmi di lavoro orizzontali o verticali, diversificati nelle festività. Persone, magari coppie, che devono conciliare turni e cura dei figli, e che proprio non ce la fanno ad arrivare entro le diciannove a fare la spesa. Persone, soprattutto giovani, con molti meno diritti e molti meno servizi. Per essere chiari: servono più servizi e nuovi diritti. Non meno. Gli orari del commercio, degli uffici pubblici e delle banche devono adeguarsi. Così come il welfare esclude ingiustamente i giovani, possiamo forse proporre di escluderli anche dall'organizzazione della vita di una città? I centri commerciali – grazie a questa legge – sono privilegiati rispetto alla media e piccola distribuzione. Soprattutto Orio al serio, essendo in un Comune sede di un aeroporto, gode di una completa liberalizzazione rispetto a tutti gli altri centri. Se di questa legge regionale deve essere buttato qualcosa sono allora i privilegi della grande distribuzione, non la liberalizzazione degli orari e non i benefici per i consumatori. Invece, una parte della chiesa, una parte di sindacati e una parte della politica si ostina a non vedere i nuovi bisogni. Ma se tornassimo indietro sugli orari d'apertura, i lavoratori "flessibili" del giorno d'oggi sarebbero ancora più precari e i consumatori ancora peggio serviti. La chiesa sbaglia allora nel fare come la "sinistra arcobaleno": i fedeli e i lavoratori non sono più quelli di 50 anni fa. E chiedono d'essere ascoltati.
Marcello Saponaro
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