sabato 16 maggio 2009

Il Paese delle galere

In Italia si è raggiunto il numero più alto di reclusi nella nostra storia repubblicana. Manconi: «Bisogna fermare questo abnorme ricorso alla detenzione».
I numeri, impietosi, non danno adito a equivoci: a oggi sono 62.057 i detenuti nelle carceri italiane a fronte di 43mila posti letto disponibili. Tra slogan, suggestioni galleggianti e condizioni nelle celle sempre più drammatiche, il primo record che il governo Berlusconi ha infranto è quello dell’inumanità.
Ma in pochi sembrano volersene accorgere. Franco Ionta, il responsabile del dipartimento per l’Amministrazione penitenziaria e commissario straordinario per l’Edilizia penitenziaria, nel nuovo piano presentato al governo, ha promosso l’idea delle carceri galleggianti.
Un rispolvero della «soluzione “galera”, questo reperto classico della tradizione simil schiavistica (il ricorso a un’imbarcazione con uomini messi a remare)», commenta Luigi Manconi professore associato di sociologia dei fenomeni politici, già presidente dei Verdi e ora nel Pd, «che è un’evocazione di un passato non certo esaltante per la storia della riduzione in schiavitù».
Una soluzione «tipica di questo governo, in particolare di Silvio Berlusconi, che pensa che l’Italia sia un grande set cinematografico dove non si svolge la vita reale ma solo i reality», commenta Sergio D’Elia, ex dirigente di Prima linea, eletto deputato con la Rosa nel pugno nella precedente legislatura.
Un non-luogo, dove gli slogan prendono il posto dei drammi e la realtà fenomenica non c’è più. «Ora vengono fuori con questa proposta fantasmagorica - dice D’Elia - perché hanno preso atto che costruire carceri sulla terraferma si rivelato impraticabile». Per costruire un penitenziario infatti, «ci vogliono in media 14 anni. Ma, purtroppo, in Italia anche l’opposizione è prigioniera dei messaggi fintamente rassicuranti».
«L’aumento dei carcerati», denuncia Franco Corleone, garante dei detenuti di Firenze, «è causato soprattutto dalla legge sull’immigrazione e da quella sulle droghe». La chiave di volta è (rectius: sarebbe), dunque, diminuire lo spasmodico ricorso alla detenzione. Ma il piano Ionta, al contrario, prevede 46 nuovi padiglioni e 9 istituti entro due anni.
All’appello mancano, però, 980 milioni di euro e i fondi per assumere 8.000 nuove guardie penitenziarie. Alla strategia del “tutti dentro” risponde la presidente della conferenza nazionale del volontariato giustizia, Elisabetta Laganà: «Aumentare i posti nelle carceri aumenta i detenuti, non diminuisce i reati. Le misure alternative sono molto più efficaci: il 70 per cento di chi sconta la pena in carcere torna a delinquere, mentre l’80 per cento di chi sconta la pena con forma alternative non compie più reati».
Una svolta culturale che, però, nemmeno s’intravede. «Bisogna depenalizzare e decarcerizzare. Invece si fa l’opposto» osserva Manconi. «Se poi pensiamo che tra il 30 e il 40 per cento di quanti, in un anno, entrano in prigione vi restano solo 3 giorni, allora bisogna meditare sulla totale e scandalosa inutilità del carcere. Bisogna fermare quest’abnorme ricorso alla detenzione: è una vera follia». Nel paese dei reality, anche per la cura della follia non c’è più molto posto.
Valerio Ceva Grimaldi
www.terranews.it

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